Le prime notizie storiche sul lancio del giavellotto ci sono pervenute tramite scritti di Senofonte (776 a.C.).
Per gli antichi il giavellotto prima di essere un attrezzo sportivo, era un’arma di uso corrente per la guerra e per la caccia.
Era un'asta dritta, quasi d’altezza di un uomo, dello spessore di un dito circa. Per le gare atletiche, nella maggior parte dei casi, era smussato.
I giavellotti appuntiti erano raramente usati durante le competizioni, sebbene sappiamo da un'orazione di Antifonte in difesa di un giovane che aveva colpito ed ucciso col giavellotto un ragazzo che aveva attraversato l’area di tiro durante un lancio.
Il giavellotto era lanciato per colpire un determinato bersaglio; nelle competizioni atletiche era lanciato per raggiungere la massima distanza in una determinata direzione.
La distanza media del lancio era di circa quarantasei metri e ogni atleta aveva a disposizione due giavellotti per cercare di migliorare il proprio lancio.
I greci lanciavano il giavellotto con l’ausilio di una cinghia (amento), solitamente di cuoio, avvolta al centro del giavellotto, chiamato mesàngulon.
L’amento era lungo dai 30 ai 40 cm e faceva due o tre giri intorno all'asta.
Si distaccava poi dall’attrezzo al quale, prima del lancio, era saldamente avvolto.
Avvolgendo l’amento al di là del baricentro si aumentava la gittata a danno della precisione.
Le modalità del lancio del giavellotto erano simili a quelle per il lancio del disco: gli atleti potevano scegliere se lanciare da fermi o prendere una breve rincorsa, senza però oltrepassare una linea.
Tale linea era quella della partenza della corsa dello stadio. Se il lanciatore la oltrepassava il lancio era annullato.